Esarcato bulgaro

Una cartolina dei primi del XX secolo raffigurante la chiesa bulgara di Santo Stefano a Balat, Costantinopoli.

L'esarcato bulgaro (in bulgaro Българска екзархия?, Bǎlgarska ekzarhiya, in turco Bulgar Eksarhlığı) era il nome ufficiale della Chiesa ortodossa bulgara prima del riconoscimento della sua autocefalia dalla Sede ecumenica nel 1945 e della restaurazione del Patriarcato bulgaro nel 1953.

L'Esarcato (di fatto autocefalo) fu unilateralmente promulgato il 23 maggio 1872 (senza la benedizione del Patriarca Ecumenico) nella chiesa bulgara di Costantinopoli in esecuzione del firmano del 12 marzo 1870 del sultano Abdul Aziz dell'Impero ottomano.

La fondazione dell'Esarcato fu il risultato diretto della lotta degli ortodossi bulgari contro il dominio del Patriarcato greco di Costantinopoli negli anni 1850 e 1860. Nel 1872, il Patriarcato accusò l'Esarcato di aver introdotto caratteristiche etnonazionali nell'organizzazione religiosa della Chiesa ortodossa, e la secessione dal Patriarcato fu ufficialmente condannata dal Concilio di Costantinopoli nel settembre 1872 come scismatica. Tuttavia, i leader religiosi bulgari continuarono ad estendere i confini dell'Esarcato nell'Impero ottomano conducendo plebisciti nelle aree contestate da entrambe le Chiese.[1]

In questo modo, nella lotta per il riconoscimento di una Chiesa separata, fu creata la moderna nazione bulgara sotto il nome di millet bulgaro.[2]

  1. ^ From Rum Millet to Greek and Bulgarian Nations: Religious and National Debates in the Borderlands of the Ottoman Empire, 1870–1913, Theodora Dragostinova, Ohio State University, Columbus.
  2. ^ A Concise History of Bulgaria, R. J. Crampton, Cambridge University Press, 2005, ISBN 0521616379, p. 74.

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